Inannzitutto è fondamentale ricordare che non c’è una legge che obbliga il condominio ad adeguare lo stabile.
Tuttavia esiste un quadro normativo abbastanza complesso, che fa riferimento a più leggi, volto a difende e diritti del disabile in condominio alla base del quale c’è la priorità degli interessi degli invalidi rispetto a quello degli altri condomini. Si tratta però di una priorità condizionata, che in alcuni casi prevede un’assunzione di responsabilità da parte del disabile medesimo, nonché la presa in carico di impegni precisi.
Il quadro di riferimento:
– legge n. 18 del 3 marzo 2009, che recepisce e rielabora la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
– legge 13/1989, che riguarda esplicitamente i lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
– articolo 1120 del Codice Civile per quanto concerne la questione delle maggioranze assembleari, propedeutica a qualsiasi decisione circa l’avvio dei lavori.
– articoli 2 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono l’obbligo di tutela del diritto alla vita di relazione e alla salute.
L’abbattimento delle barriere architettoniche
Il tema dei diritti del disabile nel condominio fa perno sull’abbattimento delle barriere architettoniche.
Gli interventi possono essere i più svariati. Si va dall’installazione dell’ascensore, ai montascale e ai servoscala, oppure alle rampe.
La questione è complessa in quanto i lavori gravano quasi sempre sulle parti comuni, e quindi devono incontrare il favore dell’assemblea.
Il disabile ha però il diritto di richiedere qualsiasi lavoro utile all’abbattimento delle barriere architettoniche. Insomma, può forzare l’inserimento del medesimo tra gli ordini del giorno.
Una volta che la richiesta giunge in assemblea, viene sottoposta alle dinamiche tradizionali. L’approvazione è a maggioranza, e segue la ripartizione delle spese secondo i millesimi di proprietà.
Nel caso che l’assemblea rigetti la proposta (eventualità tutt’altro che rara), la legge stabilisce che il disabile possa forzare l’esecuzione dei lavori anche se gli altri condomini non sono d’accordo. Questa possibilità è però vincolata a due condizioni: in primis, il disabile – con comunicazioni tracciabili – deve dimostrare di aver fatto di tutto per addivenire a una soluzione condivisa; in secondo luogo, deve pagare i lavori di tasca sua.
Insomma, deve farsi carico di una spesa ingente. Per fortuna, essa è mitigata da alcune agevolazioni fiscali, come quella che prevede la detrazione IRPEF del 75% delle spese.